lunedì 30 luglio 2012

HOMO ZAPPIENS

Ok, lo ammetto: io e la tecnologia non siamo in un rapporto di disinvolta familiarità ! Non dico di essere negata, tuttavia è stato difficile per me (almeno sino ad adesso) considerare quest’ambito non come qualcosa di accessorio e legato agli hobbies personali, ma come risorsa, strumento e “azione” imprescindibile ed estesa a tutti.
In realtà, credo che il problema sia più generalizzato e non solo mio: è indubbio ormai il coinvolgimento di tutti con il web 2.0, ma quello dell’uso delle tecnologie in ambiti istituzionali come la scuola pare essere meno esteso e minato da non poche resistenze. Insomma, se viene facile pensare all’utilità della tecnologia per gli aspetti burocratici legati alla scuola (iscrizioni, comunicazioni, pagellini, ecc.) non lo è altrettanto per gli aspetti didattici, fatta salva la LIM.
Il social network http://www.lascuolachefunziona.it/ offre  diversi spunti di riflessione in merito, ma la mia attenzione  è andata all’intervento di Gianni Marconato al convegno Erickson di marzo 2012 http://www.slideshare.net/gmarconato/dove-le-tecnologie-incontrano-lapprendimento-marconato.
Marconato inserisce il cambiamento “digitale” all’interno di un contesto più ampio di cambiamenti che hanno coinvolto la scuola e che riguardano, per esempio, le sue funzioni di socializzazione, controllo sociale, legittimazione culturale … Passa, poi, ad analizzare gli utenti di questa nuova scuola: giovani, non studenti ; con desideri e bisogni ; con stili cognitivi e d’apprendimento, con strategie. E’ qui che si inserisce lo sguardo tecnologico, tra opportunità e dovere – dice Marconato,  ed è qui che salta fuori l’homo zappiens (slide 19, citazione di W. Ween, 2006). La parte più interessante per noi docenti è forse quella che si snoda dalla slide 39 e che esplicita l’uso delle tecnologie come strumenti cognitivi, come partner del processo di apprendimento, tuttavia vi consiglio di soffermarvi dalla 19 alla 22 per scoprire a quale categoria appartengono i vostri studenti e, soprattutto, se voi siete  un Docens Sapiens o un Docens Zappiens

Flipping teaching

 
Flipping teaching
Ho scoperto che anche le lezioni possono fare le capriole e rivoltarsi come un calzino ! E l’ho trovata una cosa davvero interessante e stimolante per un insegnante. Cerco di sintetizzare quello che ho trovato sull’argomento, a partire dal post  http://www.columba.it/2012/02/21/flipped-classroom-e-flipped-textbook-la-scuola-al-contrario/ e saltellando qua e là nelle rete (anche io un po’ flipping !).
Nel modello tradizionale di classe :
a.       L’insegnante spiega la lezione durante quel certo numero di ore che gli sono assegnate;
b.      ciascuno studente, a casa, (ri)studia la lezione e svolge gli eventuali esercizi.
Nella classe capovolta si ha una doppia inversione: lo studio individuale passa in pole position, prima del confronto con l’insegnante anziché dopo; la fase dell’insegnante si riconverte da una modalità trasmissiva, docente-centrica e incentrata sui contenuti (la spiegazione frontale) ad una comunicativa, studente-centrica  ed esperienziale, e diventa così lo spazio degli “esercizi”.
Classe capovolta:
a.       Ciascuno studente studia, a casa, i materiali forniti dal docente
b.      L’insegnante, in classe, crea esperienze.
Appare subito chiara anche la “capriola” che compiono obiettivi e supporti didattici. Se, infatti, nel modello tradizionale si tende ad un sapere, che talvolta è solo mera erudizione (ricordiamoci delle nostre interrogazioni  quando eravamo studenti …), il modello flipped  focalizzandosi  sulle esperienze didattiche (che gli studenti compiono, in classe, insieme all’insegnante) persegue quel saper fare indicato nell’articolo come outcomes, ovvero: what students can do.
Dicevamo che si verifica un mutamento di prospettiva anche per quanto riguarda i supporti didattici. Certamente il libro tradizionale si presta ad un nuovo uso, può diventare un luogo in cui cercare informazioni in ordine sparso (in base alla consegna che mi viene chiesto di svolgere a casa), può essere letto non in maniera sequenziale, può essere integrato, smontato, contestato e ricostruito sulla base di nuovi obiettivi più concreti (un es. banale legato alla matematica: le moltiplicazioni > saper moltiplicare). Accanto, e in alternativa ad esso, però, possiamo trovare una serie di strumenti forse più funzionali: la rete, prima di tutto !
Columba ritiene che questo tipo di inversione sia senza dubbio efficace per le discipline tecnologiche, ma si chiede se ed in che modo possa esserlo per tutte. In effetti, se penso a materie come la storia o la letteratura italiana mi viene un po’ difficile pensare concretamente ad un modello di realizzazione; al contrario, l’italiano come lingua non materna mi sembra sia già su questa strada: il sillabo è organizzato per saper fare (salutare, presentarsi, esprimere un’opinione, ecc.), gli approcci comunicativi utilizzano in classe gli assetti di gruppo e spesso, proprio per la tipologia degli studenti, il lavoro si svolge tutto in aula e quello a casa si connota come approfondimento personale e volontario, diversamente da quello del tradizionale modello scolastico. Esiste poi un modello didattico, quello dei Task, che mi pare incarni appieno la filosofia flipped e possa gettare luce anche sull’applicabilità di tale filosofia alle altre discipline. Per saperne di più sulla flipped classroom vi consiglio anche http://www.adirisorse.it/ da cui ho tratto il simpatico disegnino di cui sopra, per i Task , invece, ci vediamo al prossimo post ;)

Sitografia:
 http://delicious.com/stacks/view/M5RmU1
https://delicious.com/masteranto/

feed:
http://www.google.it/reader/view/#stream/user%2F17293901485140613595%2Flabel%2Fflipping%20teaching

mappa:
https://cacoo.com/diagrams/yI28GCgstTEkVYjG


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